1 ottobre 2023

Processo alla caccia

Tratto dal nº 44 del 2 novembre 1975 del Corriere dei Ragazzi.







Il verdetto dei lettori è apparso sul nº 52 del 28 dicembre 1975 del Corriere dei Ragazzi.



14 commenti:

Fantasio ha detto...

Difficile non notare che se nel 1975 il 99,5% dei "ragazzi" era contro la caccia, quest'attività oggi dovrebbe essere solo un brutto ricordo. Purtroppo così non è, e viene da chiedersi: perché?

VSPMHEB ha detto...


Non il 99,5% dei ''ragazzi'' italiani, ma il 99,5% di quelli che leggevano il CdR... che meno di un anno dopo (ottobre 1976) dovette chiudere baracca e burattini, venendo sostituito da Corrier Boy [!!], per lo scarso numero di lettori che aveva.

Maurizio ha detto...

Una bella sequela di pregiudizi. Allora come oggi, il confronto non è razionale, ma emotivo. E truccato. La brama di uccidere, il desiderio di potenza... mai conosciuto un cacciatore con questi sentimenti. Non sono un cacciatore. Mai stato. Non ho parenti cacciatori. Qualche amico sì. Invece, sono uno che da decenni per lavoro si occupa di gestione del territorio e sa che una regolazione venatoria delle popolazioni animali è indispensabile per evitare il tracollo del sistema. Ovviamente parliamo di caccia e non di bracconaggio, le due cose vengono spesso volutamente confuse ma la seconda è un'attività criminale e incontrollata, la prima no. L'accusa espone argomenti assurdi: se la popolazione cresce troppo, lo Stato (il Moloch?) manda "qualcuno" ad abbattere gli animali. Ovvero, a spese pubbliche si manda qualcuno (fino a che punto preparato?) a fare qualcosa che qualcun altro avrebbe potuto fare non solo gratis, ma pagando dei diritti di concessione per svolgere un'attività lecita? Oppure: contiamo gli abbattimenti moltiplicando il numero di cacciatori per 60 giorni di apertura? Tutti? Ma chi ha 60 giorni all'anno da dedicare a una qualsiasi attività che non sia il lavoro? Nemmeno per la famiglia c'è tutto questo tempo. L'ecologia (letteralmente: gestione dell'ambiente) è una scienza, non un raduno di buoni sentimenti affidati a chi ha come unico titolo il fatto di aver visto 50 volte "Bambi" (bellissimo film). Poi non stupiamoci se - ad esempio - abbiamo 4 volte il numero dei cinghiali che il nostro territorio nazionale potrebbe sostenere e la peste suina rischia di fare danni miliardari. E si potrebbe continuare.
E adesso, crocefiggetemi pure.

Vincenzo ha detto...

Grazie Maurizio per il tuo commento ragionato e pacato. Dopodiché, ognuno può dissentire. A me sembra che tu abbia condotto un ragionamento in maniera abbastanza rigorosa. Io non sono un amante della caccia.

Fantasio ha detto...

@Maurizio: sarà anche stata una "bella sequela di pregiudizi", ma nel 1975 i cacciatori erano 2 milioni circa, cioé 4 volte quelli che ci sono oggi. Magari un problema c'era, che dici?

Maurizio ha detto...

No, direi che non c'era. Non è tanto il numero dei cacciatori che conta, quanto l'entità del prelievo in percentuale sulla popolazione dei selvatici. E questo è un valore regolamentato. Cioè: fra 5 cacciatori che abbattono un cinghiale ciascuno e 1 cacciatore che ne abbatte 5 (numeri a caso), per l'ecosistema non c'è differenza. Altra cosa il bracconaggio. Ma, come detto, quella è un'attività illegale ed è totalmente fuori tema.

Paolo ha detto...

Ci sono delle forti Lobbies che difendono tuttora la caccia altrimenti i cacciatori sarebbero solo un brutto ricordo.Comunque quello che non succede in tanti anni poi succede all'improvviso, quindi i tempi sono ormai maturi ed anche gli stessi cacciatori, tra l'altro sempre piu' arroganti, lo sanno.

Fantasio ha detto...

@Maurizio: quindi c'era e bello grosso, dato che non abbiamo mai avuto un "prelievo in percentuale", ma intere specie sterminate.
@Paolo: penso anch'io che possa succedere all'improvviso, quando il numero di cacciatori scenderà sotto un valore critico. Certo pensavo si fosse già raggiunto questo valore, ma non dovrebbe mancare molto.

Maurizio ha detto...

I danni a certe specie (sterminio è una parola grossa) sono stati dovuti soprattutto ad altre cause. L'urbanizzazione, l'industrializzazione e i pesticidi hanno colpito le popolazioni dei selvatici molto più di intere stagioni di caccia. Ad esempio, per le specie migratorie, la costruzione di edifici nelle aree in cui nidificavano durante il passaggio è stata una catastrofe, ma a chi abita in quelle case non interessa. Un po' come gli ecologisti da salotto che passano le giornate attaccati al cellulare ad organizzare manifestazioni contro i ripetitori...
Comunque, non ho intenzione di andare oltre. Quando da un confronto razionale si passa a parlare di lobbies, atteggiamenti arroganti (da parte di chi?) e speranze che la controparte si estingua rapidamente ("sono vecchi, auguriamoci che crepino presto") il discorso scivola verso l'ideologia e non mi interessa. Prima di tutto perché siamo ospiti su un blog altrui, e non si litiga in casa d'altri. E poi perché è inutile. Per conoscere nuovi punti di vista bisogna essere disposti a mettere in discussione i propri e non mi sembra questo il caso.
Un ringraziamento a Vincenzo per il suo commento e - soprattutto - per i toni usati.
Un saluto a tutti.

Terzo D'Andrea ha detto...

@ Maurizio mi permetto di dissentire, io vivo in un comune al confine delle quattro regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia e Liguria) dove negli ultimi quarant'anni c'è stato un vero e proprio sconvolgimento ecologico dovuto all'intervento degli pseudocacciatori.
Nel primi anni '80 gruppi venatori hanno liberato sull'Appennino Ligure quelli che impropriamente vengono chiamati cinghiali, ma in realtà sono "porcastri" cioè ibridi tra cinghiale e maiale selezionati esclusivamente a scopi venatori (il cinghiale maremmano pesa un venti/trenta kg, questi stazionano intorno al quintale), inoltre un ricco petroliere ha liberato dei daini nella sua riserva di caccia i quali, non sapendo leggere, sono usciti dai confini e hanno peso possesso dei boschi.
In breve tempo la piccola selvaggina locale (lepri, fagiani, pernici), priva di pastura, è praticamente scomparsa, così pure i loro predatori, venendo sostituiti dai lupi (che, contrariamente alla "vox populi" non sono stati introdotti proditoriamente dai "verdi" ma, ritrovando delle prede appetibili, si sono ripresi le zone che frequentavano tre secoli prima, quando i contadini e i pastori non avevano ricoveri per il bestiame.
Inoltre i famelici ungulati divorano i germogli delle piante, frenando il rinnovo dei boschi con conseguente aumento delle frane.
A supporto della mia tesi c'è il riscontro che con la diffusione della peste suina e la conseguente chiusura di fatto della caccia al cinghiale (i capi abbattuti devono essere controllati dalle autorità sanitarie e c'è un solo centro per il controllo) hanno cessato l'introduzione di nuovi verri e soprattutto scrofe e il numero dei capi è crollato drasticamente.

Maurizio ha detto...

Un confronto di esperienze ed opinioni è sempre ben accetto. Conosco alcuni degli episodi che citi, che in realtà non sono imputabili tanto alla caccia in quanto tale, quanto a scelte scellerate di alcuni gruppi o persone (siamo al limite del "favoreggiamento del bracconaggio"). Vivo nell'ovest del Piemonte, in una zona che comprende le montagne e la pianura. Una trentina di anni fa, viaggiando in auto non si vedeva nulla; oggi, lungo le strade ci sono animali di ogni genere: caprioli, cinghiali, lupi, lepri, minilepri, tassi, volpi, poiane, ghiandaie, ricci... A questa diffusione hanno contribuito anche le associazioni venatorie (che lavorano sul territorio anche in stagione di caccia chiusa...). Non solo loro, ovvio. Ma dove c'è stata una buona collaborazione i risultati si sono visti. Alcune specie hanno proliferato persino troppo: caprioli, cinghiali, cervi, daini ecc. - oltre a essere spesso causa di incidenti stradali - devastano colture e aree selvatiche. Senza gli abbattimenti degli ungulati (che in realtà sono stati insufficienti) certe zone sarebbero un deserto e certe specie animali e vegetali sarebbero scomparse. Per fare un esempio, i lupi (il cui numero personalmente ridurrei ad un terzo di quelli attualmente presenti) si sono diffusi in modo incontrollato e non certo per fantomatici "lanci" (che non esistono, come non esistevano quelli delle "vipere paracadutate dagli elicotteri", una cosa totalmente assurda a cui però molti hanno creduto e continuano a credere, una leggenda dura a morire...). Lo stesso per il discorso cinghiali/peste suina/abbattimenti. Il problema è grave ed è reale, e i cinghiali a spasso per le grandi vie di Roma, Torino, Cuneo, ecc. non sono opera dei cacciatori. I capi abbattuti dalle mie parti sono sempre stati controllati dalle autorità sanitarie (lo faccio personalmente da molti anni) e la cosa non è mai stata un problema. Certo se si chiede a qualcuno di abbattere questi esemplari a spese sue e poi non gli si lasciano nemmeno le carni (come si faceva all'inizio) l'adesione non sarà entusiastica. E il crollo dei capi non dipende dalle mancate reintroduzioni, ma dalla tendenza di questi animali a migrare verso zone più favorevoli. Concludendo: il vero problema non è fare o non fare qualcosa (in questo caso, la caccia), ma farla bene, affidando la programmazione a tecnici preparati. L'improvvisazione, il fanatismo, l'impreparazione (e la mancanza di dialogo e confronto) porteranno sempre a risultati disastrosi.

Bruno C. ha detto...

Giustificherò la caccia e i cacciatori quando anche gli animali saranno armati di fucile e spareranno su tutto quello che si muove. Bruno C.

Massimiliano ha detto...

@Maurizio «i cinghiali a spasso per le grandi vie di Roma, Torino, Cuneo, ecc. non sono opera dei cacciatori»
Questo non è (o potrebbe non essere) del tutto vero. Non ho studiato approfonditamente la questione, ma è opinione comune, anche sulla base di diversi studi, che una delle non trascurabili cause dell'aumento della popolazione dei cinghiali siano state le immissioni a scopo venatorio, anche di specie ibride, sebbene le argomentazioni siano controbattute (imho in modo non molto convincente) da varie associazioni venatorie.

Sulla caccia, confesso di non avere un'opinione ben definita, l'unico motivo di avversione che potrei avere nei suoi confronti è che si tratta di una pratica che consente di detenere legalmente armi a persone (non tutti i cacciatori, ma ho diversi esempi in mente) a cui non affiderei nemmeno un tagliaunghie: a quanto mi risulta, i morti per caccia sono dell'ordine di una ventina ogni anno.

Maurizio ha detto...

Anch'io conosco gente del genere, anche se non molti. Del resto, conosco persone a cui sicuramente non affiderei un'auto, eppure... E non solo cacciatori. L'eccesso di confidenza, l'impreparazione e - a volte - la sbruffonaggine si osservano in quasi tutte le categorie che hanno a che fare con le armi, compresi forze dell'ordine, guardie giurate, polizia locale, ecc. Le eccezioni in questo senso sono ovunque. Gli unici che in genere non hanno atteggiamenti di questi tipo sono i tiratori e i collezionisti. Cioè quelli per cui l'arma è il centro dell'attività, e non uno strumento collaterale. Fermo restando che stiamo sempre parlando di percentuali molto minoritarie.

Per il numero dei morti, il dato che riporti è gonfiato. In quelle statistiche sono inseriti fra i "morti per caccia" quelli che hanno avuto un infarto durante una battuta, quelli caduti in un dirupo, quelli che hanno avuto un incidente d'auto mentre andavano o venivano... se andavano per funghi era lo stesso. I morti per incidente da arma da fuoco vanno in genere da zero a uno-due all'anno. Che sono già troppi. L'attenzione non è mai abbastanza. Come sulle strade. L'unica è alzare costantemente il livello di attenzione.